Sensorium

Amore Profondo

E tu subito dietro, rendendoti conto che da sola non ce l’avrebbe fatta e che nessuno era in grado di salvarla. Senza un attimo d’esitazione ti getti nel vuoto, precipitando lungo il fianco della montagna, dietro di lei. Il fiume, gonfio di pioggia, vi trascina con sé nella sua folle corsa, le acque spumeggiano bianche contro il cielo nero. Presto perdete ogni senso della realtà.
Ad un certo punto vi afferrate ad un albero che galleggia nel fiume. Aggrappati al tronco scivoloso, cercate di proteggervi dalle rocce aguzze e dai detriti, scrutando il fiume e le rive alla ricerca di un mezzo per venirne fuori. Non parlate, vi guardate semplicemente, impegnati a rimanere vicini. Finalmente le rapide si attenuano. Vi issate sulla riva, esausti. Raggiungete una macchia d’alberi, al riparo dal vento, il terreno asciutto sotto i rami delle piante.
“Stai bene?” le chiedi. Sono le prime parole che rompono quello strano silenzio.
La fanciulla annuisce in silenzio.
“Non puoi far nulla per accendere un fuoco, vero?”
Lei scuote il capo.
“Non puoi usare la tua magia?”
Lei posa una mano delicata sulle tue infondendoti una piacevole sensazione di calore. Le circondi le spalle, stringendola in un abbraccio che conforta entrambi. I suoi capelli d’argento, contro la tua guancia, t’inebriano del suo profumo. Un miscuglio di terra, boschi e qualcos’altro, dolce e irresistibile. Provi ad immaginarti al caldo e all’asciutto, al sicuro nella tua capanna, insieme a lei, in silenzio. Ti senti assalire dal desiderio e dalla paura. Lei allunga la mano e ti sfiora il viso con le sue dolci dita, giù fino al collo. Si appoggia al tronco, stringendosi a te, e dubbi e frustrazioni cominciano, piano piano, a svanire. Ti lasci andare, senza opporre resistenza, lieto di tenerla tra le braccia.
“Perché mi hai seguito? Non mi sarebbe successo niente.”
Annuisci, senza darle una risposta.
“Ti ricorderai sempre di questo stupido ragazzo che ha tentato di salvarti?”
“Lo sai, io sono parte degli elementi. Capisci cosa significa? Non sono umana. Sono stata creata dalla magia, dalla terra dei Giardini. La mano di mio padre mi ha plasmato. Sono nata già adulta, una donna mai stata bambina. La mia ragione d’essere è stata stabilita da mio padre e non ho voce in capitolo. Non ne sono rattristata perché questo è quanto conosco. Ma i miei istinti, le mie emozioni umane mi dicono che esiste qualcosa di più e io vorrei che questo qualcosa mi appartenesse come
appartiene a te. Percepisco il piacere che tu provi nel ricordare. Ne percepisco la gioia.”
Sei senza parole. Hai sempre saputo che lei fosse qualcosa di magico, di diverso, eppure non avevi mai immaginato che lei non fosse... Non fosse cosa? Umana? Ma lei lo è: sente, guarda, parla e agisce come un essere umano. E allora? Non è sufficiente? I tuoi occhi la fissano, in silenzio. Per te tutto questo è sufficiente, più che sufficiente. Le accarezzi la mano.
“I ricordi di questo momento saranno molto belli” continua lei “tutti quelli che ti riguardano saranno sempre piacevoli e meravigliosi.”
Sostieni il suo sguardo. Poi ti chini e la baci, sfiorandole lievemente le labbra. Lei ti guarda con i suoi occhi neri, penetranti, nei quali vedi riflessa la paura.
“Di cosa hai paura?”
Lei scuote il capo, poi risponde:
“Di quello che sto provando.”
“Sai perché ti ho seguito. La verità è che vi sono stato costretto dai miei sentimenti. Sono innamorato di te.”
Le carezzi i capelli, con tenerezza.
“Non c’è molto da fare per proteggersi dai propri sentimenti“ le sussurri.
“Sì, li posso chiudere fuori.” ti risponde.
“Se riesci. Ma io non posso ignorare i miei sentimenti. Anche se ne andasse della mia vita. Non fa alcuna differenza chi o cosa tu sia. Elemento o qualcos’altro, non m’importa come sei stata creata o perché. Io ti amo. Credo di essermi innamorato dal primo momento che ti ho vista, dalle prime parole che hai pronunciato. Non posso cambiare tutto questo, qualsiasi cosa tu mi chieda. Non voglio nemmeno provarci.”
Lei si volta nelle tue braccia, cercando il tuo viso. Poi ti bacia e tutto il resto, intorno a voi, scompare.

Sacrificio Estremo

Fra le tue mani il viso di una bambina, con gli occhi gonfi, rossi, segnati dal pianto. Le tue dita asciugano le lacrime e la voce, silenziosa, cerca di confortarla. Lo sguardo vola oltre i limiti di quella distruzione, che si stende opaca davanti ai vostri occhi, in cerca della luce; ma il cielo, coperto da un’ombra, chiuso sopra di voi, non lascia fuga. In lontananza, il rumore delle grida
della battaglia e lo scoppiettio del fuoco che divampa: voci di morte.
Poi, avviene tutto in pochi attimi: l’inaspettata apparizione di una figura nera, davanti a voi, l’improvviso scatto di un’arma, l’ultimo atto di protezione e la fitta feroce nel dorso. Un fiotto di sangue scorre dalla tua bocca, scendendo sul viso. Sul petto, i tuoi indumenti si tingono di rosso, lasciando solo un barlume dei colori di un tempo. Gli occhi celesti della bimba ti fissano con gelida intensità, con la paura che si riflette nei tuoi. Mentre il tuo corpo è ancora proteso verso di lei, in difesa, il buio comincia ad impadronirsi di te. Il tuo capo si fa sempre più pesante, fino a che, divenuto un peso insostenibile, cede, abbandonandosi alla gravità, facendo ripiegare il corpo sulla terra nuda. Ancora un ultimo, soffocato respiro e il cuore smette di battere.
Nel silenzio, il gemito di una bimba.

Follia Omicida

Ancora quel formicolio nella testa…
“Perché? Lasciami!”
Non riesci a stare in piedi, cammini barcollando tra strade buie, semideserte. Appoggi una mano sul muro di un’abitazione, mentre con l’altra tieni il capo. Come un ubriaco ti aggiri gemendo, dolorante. Il formicolio si fa sempre più forte, ti martella la mente…
“Basta!”
Il dolore sta raggiungendo l’apice. Inizi a picchiare la testa con le mani… Cadi, piangendo, tremolante. Ti rannicchi su te stesso, in mezzo ad un mucchio di rifiuti. Comincia a piovere…
Stringi le ginocchia, chiudendoti in te stesso e cercando di parlare, per farlo smettere… ma il formicolio continua e dalla tua bocca fuoriescono parole senza senso, deliranti. Poi, improvvisamente, il silenzio… La testa si solleva lentamente, con un sorriso folle tra le labbra. Appoggi una mano per terra e ti alzi, sicuro di te. La pioggia ti bagna ma non sembri accorgertene, mentre cammini nella notte. Arrivi ad un incrocio. Due strade s’incontrano. Volti l’angolo. In fondo al vicolo che hai appena imboccato, lo senti… il rumore di una vita che si aggira, piena di domande nella testa, alle quali non ci sono risposte. Aumenti la velocità dei tuoi passi fino a raggiungerla…
La mano s’infila nelle tue tasche, alla ricerca di qualcosa di non ben definito. Poi, senza rendertene conto, gli sei addosso…
Bianco… È tutto ciò che vedi nella mente…
Alzi la lama verso gli occhi e la osservi mentre gocce di sangue caldo scivolano dal ferro sulle tue mani…
Nella testa, ancora tutto bianco…
Avvicini la lama alla bocca. Le narici fremono al profumo di quel liquido denso. Ne sei attratto. Il sapore è forte, intenso…
Poi, ad un tratto, il formicolio ritorna… Il bianco sparisce, lasciando il posto al grigio della città, al nero del cielo…
“Che cosa ho fatto?”

Gioia per la Vita

Ti precipiti nella camera dove tua moglie riposa. Sta dormendo. La fatica del parto deve averla stremata. E’ il primo figlio per voi e non deve essere stato facile. Ti fermi a guardarla… E’ pallida, il viso sudato, i capelli neri come ebano bagnati, appiccicati alla pelle ma le palpebre sono rilassate e le labbra accennano un sorriso. Ti avvicini al letto e t’inginocchi. Le prendi la mano, piccola e delicata e la tieni nelle tue, grandi e callose, baciandola lievemente. Le togli un capello dalla fronte. Le accarezzi il viso e la baci sulla guancia umida… A quel tocco caldo delle labbra, schiude gli occhi e sorride in silenzio.
“Sei bellissima!” le dici baciandole nuovamente la guancia. Pochi secondi dopo, vedi entrare la nutrice: ha fra le braccia un fagottino. La guardi e poi ti rivolgi a tua moglie. Le baci le nocche della mano e sorridendole ti alzi. Sbirci nel panno fra le braccia della nutrice: contiene la creaturina più bella che tu abbia mai visto e non riesci a capacitarti che sia tuo figlio. Un po’ impacciato lo prendi in braccio seguendo le istruzioni della nutrice.
Un soldato, capace solo di brandire armi, non può che essere buffo in quella situazione ma lei vede una scena che le fa immensa tenerezza. Guardi il bimbo profondamente, soffermandoti sulle dolci rughe del suo viso, sulle curve del nasino, sulle guance e le labbra appena socchiuse. Senti la pelle morbida sotto la scorza dura delle tue mani.
“Cara… ” dici lentamente, in tono soffuso “E’ bellissimo! E’ mio figlio!” lo dici con gli occhi che ti lacrimano, quasi piangendo o ridendo… Lo allontani da te per poterlo osservare bene…
“Come lo vuoi chiamare?” sussurra lei.
“Alexander, colui che protegge gli uomini.” rispondi tu, senz’alcuna esitazione.
“E sarà un grande guerriero, un grandissimo guerriero!”

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